DATA: 2 dicembre 2017 dalle 00.01 alle 22.24
Tappe: Mestre – Bergamo – Aeroporto Fuerteventura – Costa de Antigua – Caleta de Fuste – Costa
Mezzi di trasporto: Autobus, aereo, Guagua (Il nome del Bus sull’isola), piedi
Presenti all’appello: Alex, Clara (io), Annamaria (l’host di airbnb)
SIAMO PARTITI D’INVERNO, SIAMO ARRIVATI IN PRIMAVERA.
(…Segue dal Giorno 0 del Diario di Fuerteventura…) ….Un minuto dopo la mezzanotte. Le ruote del trolley scorrono rumorose sul marciapiede deserto e gelato. Alex è di fronte a me che percorre il grande Viale della Stazione di Mestre con due scopi: evitare l’assideramento e scovare la fermata Flixbus.
Google maps alla mano pare che Giulia ci abbia scaricati proprio nel posto giusto, ma di tracce della fermata nemmeno l’ombra.
I bar sono chiusi e vengo presa da quel senso di miseria che ho provato tante volte quando con lo zaino in spalla sono partita. Inizio a pensare che “non ho più l’età per certe cose”. Eppure quando buttata sul corridoio del treno Parigi-Amsterdam nell’estate del 2001, ricordo di aver sentito le stesse identiche sensazioni, anche se di anni ne avevo 19 e non 34.
Quindi mi ricordo. Mi ricordo che ciò che sento è determinato non da quello che accade fuori di me, ma da quello che sto pensando. E quel che penso è che “non ho più l’età”. Mi sento improvvisamente una nonna in pensione e vorrei una tazza di te caldo fumante e una stufa portatile.
Cammino, lamentandomi nella mia testa. Poi il freddo inizia a congelarmi i pensieri. Entriamo in stazione dei treni, i negozi sono chiusi e le persone che attendono gli ultimi treni della sera, rimandano la stessa sensazione di freddo e miseria.
Sembriamo tutti dei passerotti che cercano riparo. Penso che sono fortunata dopotutto io qui ci passo mezz’ora. C’è gente che ci passa tutte le sue notti.
Improvvisamente il mio pensiero cambia. Guardo Alex e lo abbraccio. Lui sorride. Come spesso accade, Alex è più calmo e tranquillo di me. Parliamo del più e del meno, e io come una bimba di cinque anni faccio la domanda più odiata dai genitori di tutto il mondo quando si parte per un viaggio:
– Alex, quanto manca a mezzanotte e mezza? –
Alex le prime cinque volte risponde con calma. Alla sesta volta in cui faccio la stessa domanda a ritmo scandito ogni 25 secondi sbotta e mi dice:
– Chiara, non hai intenzione di rompere fino a Bergamo, vero? –
Ha ragione. Mi ricompongo. Vedo che sono agitata e smetto di reagire a tutto quello che mi passa per la testa. Posso rendere questa esperienza di attesa un inferno. Oppure no. Scelgo “oppure no”.
Improvvisamente, il mio pensiero si solleva e a me viene da ridere. Sono le 00.20. Iniziamo di nuovo la vasca di andata e ritorno del Viale della Stazione, finché troviamo la famigerata fermata Flixbus.
Era solo due metri più in giù di dove ci aveva scaricato Giulia. Cavolo! Veramente a volte le cose che cerchi sono talmente sotto il tuo naso che non le vedi nemmeno.
Ore 00.30
L’autobus arriva. Foto ricordo della partenza. I due conducenti sono veneziani e fanno battute. Mi sento improvvisamente carica. Prendiamo posto e con piacere le luci vengono spente e in autobus nessuno parla. Morfeo … sei il benvenuto.
Ore 2.45

Flixbus fermata in autogrill. Clara e Alex.
Il bagno è rotto. Tappa obbligata in autogrill in prossimità di Verona. Scendiamo in pochi, Alex ed io ci prendiamo per mano e saltelliamo verso l’autogrill. Improvvisamente ci sentiamo due liceali in gita. E’ magico. L’esperienza Flixbus tuttavia ci ha deluso un po’: nessuno ci ha offerto una porzione di pasticcio a otto strati, nessun Deejay ucraino a fondo bus… gli amici ci hanno ingannati. Mentre ridiamo su questo, vengo travolta da un’ondata di amore per i nostri amici. Non sono partiti con noi, ma sono lì con noi. Sono nella tasca destra del mio zaino, caricati nell’etere delle mie sensazioni più belle. Gli autisti ci raggiungono mentre beviamo una camomilla e la barista li saluta come vecchi amici. Mi torna in mente la canzone di Jovanotti “Gente della Notte” quando canta:
La gente della notte fa lavori strani, certi nascono oggi e finiscono domani…”
La notte è diversa. E’ magica. Quello che nasce di notte a volte muore all’alba, ma la complicità che nasce tra la gente di notte, si ricorda per tutta la vita.
Sono disposta a rinunciare a centinaia di fasi REM, se è per stare con la gente della notte. Come disse una volta una mia amica “dormirò quando sarò morta”. Una scarica di adrenalina attraversa tutto il mio corpo. Mi sento nel posto giusto, al momento giusto. Alex accanto a me, l’autista veneziano che ci sorride e fa battute con la barista, l’autostrada semi-deserta. Certe cose, non cambiano mai, e io sono parte della “gente della notte”. E lo sarò sempre.
Ore 4.45
“Aeroporto di Bergamo. Ripeto Aeroporto di Bergamo. Tutti i passeggeri con destinazione aeroporto di Bergamo, devono scendere.”
Sveglio Alex che è ancora nel dormiveglia. Lui mi fa un cenno con la testa che ha capito. Non amiamo parlare molto appena svegli. Ci alziamo piano, infiliamo i piumini da mezza stagione, e scendiamo. Fuori ci sono 2° Gradi, ma il contrasto è piacevole e corroborante. Prendiamo il trolley e lo zaino ed entriamo in aeroporto. Non ero mai stata ad Orio Al Serio, ma è carino. Pensavo fosse piccolo, invece è molto più grande ed organizzato di come me l’aspettavo. Decidiamo di passare subito il gate e di fare colazione più tardi dopo aver superato i controlli. Scelta ottima, dato che dopo di noi inizia a mettersi in coda un sacco di gente.
E’ forte come l’intuito sia sempre lì pronto a segnalarti l’opzione migliore anche su una cosa banale come “il momento giusto per mettersi in coda”.
Ci collochiamo vicino alla nostra porta d’imbarco ed ora aspettiamo. L’areo parte alle 6.55 ed ora mi posso rilassare.
Rifletto un attimo su questo concetto del “ora mi posso rilassare”. Potevo anche prima. Cosa me l’ha impedito? Il pensiero che dovevo essere vigile fino all’arrivo. Allora mi domando: avrei potuto essere vigile e rilassata? Sì… Forte! Lo terrò a mente.
Ore 7.10, decollando.
Esiste un momento, appena dopo che l’aereo è decollato che mi sento libera come l’aria. Nulla mi tiene più ancorata su questa terra. Nessun può comunicare con me, tranne gli esseri umani con cui sono lì sopra le nuvole. I dispositivi elettronici sono spenti. Le persone si guardano negli occhi o dormono. Tutto scorre velocissimo fuori, lentissimo dentro. E’ bellissimo. E’ uno dei momenti di scrittura che preferisco. Alex ed io siamo seduti distanti, ma non importa. Confesso che mi piace essere circondata da sconosciuti quando scrivo. E’ come se non esistesse nulla tranne me e le parole che scorrono attraverso me, fino alla punta della penna per prendere forma su carta. Ripenso per un attimo all’imbarco. Alex è stato fatto passare come ultimo passeggero che poteva portare il trolley in cabina, io la prima a doverlo mettere in stiva. Ripenso alla ragazza che quando si è resa conto che eravamo insieme, mi ha fatto passare facendo uno strappo alla regola. Avrei voluto ringraziarla, ma c’era troppa confusione e mi ha fatto segno di non bloccare la fila. Che carina che è stata. Sono questi i piccoli gesti che mi fanno sentire nel flusso della vita. Il caso, non esiste? Chi lo sa.
Quello che so è che quando la mente è sgombra, siamo in grado di cogliere il momento giusto. Quello che so sempre di più è che quando la nostra mente è sgombra, ogni momento è giusto.
Ore 10.15, atterriamo.
Si apre il portellone dell’aereo. C’è la luce di Madrid. Oddio… mi esplode il cuore di gioia. Scendiamo e iniziamo lo spogliarello. Siamo partiti d’inverno, con maglioni di lana e berretti, siamo arrivati in primavera. E per farlo non abbiamo aspettato i soliti tre mesi, ma quattro ore circa. Ma che figo è il pianeta terra? Fusi orari, temperature opposte, tutto coesiste sempre. Incredibile.
Ci disfiamo velocemente dei piumini, berretti e sciarpe. Ci sono 20° gradi in più, ma mi sono già abituata. Dopo aver capito che autobus dobbiamo prendere, ci sediamo nelle panchine d’attesa dentro l’aeroporto di Fuerteventura con la grande vetrata di fronte. Alex mi da un bacio, sorride. Poi guarda davanti e dice:
– Siamo fortunati.-
E’ vero Alex. Lo siamo. Avrei voglia di condividere con tutti questa sensazione di grazia che sento. Ma non per fare invidia. Io odio essere invidiata. Il desiderio di condividere la nostra fortuna è far arrivare quella stessa energia alle persone che amiamo, ai nostri clienti.
Mi piacerebbe fossero in grado di sentire che come dice Micheal Neill “se lo vuoi, probabilmente puoi”. Mi piace questa idea del probabilmente. Toglie l’accento alla motivazione forzata, da la sensazione che è fattibile vivere la vita che sia ama, quando riconosci cos’è che davvero vuoi. Ma porta anche lo sguardo al fatto che la felicità è alla tua portata sempre, persino mentre spolveri casa tua. E io lo so. Lo so davvero. Ho vissuto cose grandiose nella mia vita ed è stato fantastico viverle. Ma so che se non potessi più viverle per mille ragioni diverse, la felicità e la libertà e la magia della vita, mai mi verranno negate. E so che non è così solo per me, è così per ogni altro essere umano. Vorrei abbracciare tutti per un istante.
Ore 13.30

Noi pranzando al Residencial LA PIRAMIDE.
Dopo un breve viaggio con la guagua (qui l’autobus lo chiamano come a Cuba), arriviamo a Costa de Antigua, un microscopico centro abitato che dista un paio di chilometri da Caleta de Fuste. Mangiamo al Residencial “LA PIRAMIDE” in attesa che arrivi Annamaria, la prima host di airbnb che ci ospiterà nel suo appartamento per le prossime tre notti. Citando Irene Grandi, ci sentiamo “in vacanza da una vita”. Sono bastate poche ore e già ci sembra di essere via da mesi. Che meraviglia! Chiamiamo la nostra amica Annalisa e condividiamo con lei il relax di quel momento. Che pacchia. Mi sembra di essere a casa di Papito ad Alicante. Il barbecue che cuoce bistecche, i fuochisti che bevono una birretta. In sottofondo musica spagnola. Come direbbe un mio caro amico “estoy en la gloria”.
Ore 14.30
Dopo un breve scambio di messaggio incontriamo dal vivo Annamaria, la nostra prima host di airbnb, che insieme a Luigi ci apre la porta della nostra prima dimora qui a Fuerteventura. Come da foto. Ottimo! Il quartiere e’ in degrado, ma in qualche strano modo affascinante. I muri esterni scrostati hanno quel fascino trascurato di qualcosa che un tempo è stato all’apice e ora non più. Disfo i bagagli e poi decido di dormire. Ed ecco che accade… o meglio cade… Cade cosa? Il sonno. Cade su di me un sonno profondissimo. Quando mi sveglio sento quella sensazione che ho sentito solo un’altra volta nella mia vita. Era il 30 giugno del 2002 ed ero a casa di Susana, a Madrid con Silvia. Mi ricordo la sensazione perché non mi ero mai svegliata in vita sentendo una così totale e piena libertà in me. Fu una cosa incredibile: come se avessi riposato cent’anni. Come se non avessi più legami con nessuno. Come se tutto potesse accadere. Incredibile. Lo racconto ad Alex che mi ascolta divertito. Poi usciamo e portando con noi lo zaino da trekking vuoto, ci dirigiamo verso Caleta de Fuste per fare la spesa.
Ore 16.30
Il vento soffia forte, ma è bellissimo. Camminiamo lungo sentieri spersi nel nulla fino ad arrivare alla scogliera e da lì proseguiamo sul lungomare. Wow. Semplicemente wow. Arrivati a Caleta troviamo facilmente il supermercato IperDino, facciamo la spesa e poi ripartiamo alla volta di casa. Tra andata e ritorno sono circa 6 chilometri e nonostante la mia voglia di sangria, siamo stanchi e abbiamo bisogno di andare a dormire presto. Sulla strada del ritorno chiacchieriamo di quello che ci piacerebbe vivere il prossimo anno. Quando siamo ispirati è bellissimo chiacchierare con Alex dei nostri sogni. Nonostante sia quello che insegniamo alle persone, quando lo facciamo tra noi, ha un sapore complice e intimo. I nostri sogni non sempre coincidono, ed è questo il bello. Siamo così diversi. Per fortuna ad un certo punto della relazione, abbiamo smesso di cercare di modellare l’altro a nostra immagine, e abbiamo iniziato a valorizzare le nostre diversità senza più combatterle. 12 anni fa, quando ci siamo messi insieme, non pensavo saremmo arrivati dove siamo ora. Ci fermiamo a guardare l’oceano… cavolo… ma io è la prima volta che vedo l’oceano!!! Grazie. Grazie per questo momento.
Ore 19.30
C’è il fuso orario qui. Abbiamo tirato indietro l’orologio di un’ora. Questo significa che a casa staremo cenando… ah… ecco perché vorrei mangiarmi un braccio. Faccio una pasta al pomodoro sulle piastre elettriche. Alex guarda la TV spagnola. IO ADORO SENTIRE LA TV IN SPAGNOLO. Sono totalmente in ferie nel mio cervello. Chiamate in serie a parenti e amici per avvisare che siamo atterrati, stiamo bene e che il viaggio è iniziato sotto i migliori auspici. Mangiamo, facciamo qualche stiracchiato piano per il giorno dopo (in cuor nostro sapendo che cambieremo idea, ma è divertente fare piani anche se saltano), poi alle dieci circa ci prepariamo per andare a dormire.
Ore 22.20
Ci mettiamo a letto. Il vento fischia e si fa sentire tra gli infissi. Non siamo mai stati grandi amanti del vento. Per un attimo temo che soccomberemo a questo tempo. Poi mi rilasso. Ci infiliamo sotto le coperte e decidiamo di mettere la sveglia alle 8.30 (quindi sarebbe come metterla alle nove e trenta italiane… ok, si può fare). Quando spengo il telefono sono le 22.24. Chissà cosa vedremo domani…
Si spegne il display. Si spegne la luce.
– Buonanotte Claritita – dice Alex.
– Buenas noches mi amor – rispondo io.
PS: E per finire… Uno slideshow in 73 secondi del GIORNO 1… Buona visione.
Sempre bellissime sensazioni trapelano dai tuoi racconti… Mi danno ottimismo e mi accendono la luce!
Continua a scrivere Chiara!
Lo farò cara! Però grazie per l’incoraggiamento… arriva al momento giusto!