Da 13 anni Alex ed io lavoriamo insieme e da 10 anni viviamo sotto lo stesso tetto. Nella nostra quotidianità, vita professionale e personale sono un connubio impossibile da separare. Quello che facciamo è parte di ciò che siamo. Quello che siamo è parte di ciò che facciamo.
Comprendere, osservare, ascoltare gli esseri umani, sebbene sia fatto con modalità diverse per me e per lui, è parte di quello che ci interessa davvero, parte di quello che ci appassiona.
Quando le persone si stupiscono di come viviamo, o del fatto che sentiamo l’esigenza di stare separati in alcuni momenti, come quando io vado a Madrid da sola, io nella mia testa penso:
“Alex ed io trascorriamo assieme a volte giornate e nottate intere, non-stop. Lavoriamo spessissimo insieme, siamo partner lavorativi, teniamo i corsi insieme e quando facciamo pausa viaggiamo insieme, dormiamo insieme, mangiamo insieme quasi tutti i giorni. Senza esagerare potrei dire che trascorriamo il 75% del nostro tempo a meno di dieci metri l’uno dall’altra. E non da un giorno. Da 10 anni. Non è poco. E’ quasi pervasivo. Se uno ha un’idea, due secondi dopo ce l’ha anche l’altro. Pensiamo a una velocità simile, a volte non ci serve nemmeno guardarci per sapere esattamente cosa sta per fare l’altro. Siamo speciali? No, non lo siamo. Siamo solo due persone che si sono permesse di vivere a modo loro. E parte di questo significa vivere quel 25% che resta distanti l’uno dall’altra.”
Spesso mi chiedono come faccio a lavorare con mio marito e viceversa. Il punto è che quando lavoriamo insieme, noi non ci sentiamo marito e moglie, ma una coppia di partner lavorativi affini.
Quando si chiude per noi la giornata di lavoro, il nostro lavoro rimane con noi e guardarci l’un l’altro a volte ci fa venire idee e dobbiamo fare uno sforzo per dire “okey, adesso si chiude”.

Quest’anno è successo qualcosa di nuovo. Se negli ultimi tre anni siamo stati praticamente in simbiosi in ogni corso ed è stato perfetto così, improvvisamente lo scorso novembre, io ho sentito l’esigenza di muovermi in uno spazio nuovo e di accompagnarlo nei corsi dove lui è in “prima battuta” come il percorso ELEVA con i coaches che si sono diplomati nel 2016, solo come moglie e non più come partner lavorativa.
Questa per me è stata una vera e propria scoperta di una dimensione nuova. Una dimensione in cui si rimane a casa mentre il proprio uomo lavora e lo si accoglie la sera con la cena pronta chiedendogli “allora, come è andata la tua giornata?”.
Può sembrare una cosa banalissima. Per me è una rivoluzione. Di solito non ho bisogno di chiedere ad Alex come sia stata la giornata. Lo so. Sono lì accanto a lui. Anzi, ho delle valutazioni da sottoporgli alla fine del lavoro, valutazioni di partner lavoritiva, non di moglie. Valutazioni che spesso ci portano a confrontarci. Valutazioni che a volte ci portano a doverci fermare perchè la nostra visione è opposta e se continuiamo per quella strada finiamo per scornarci.
Spesso dico che Alessandro ed io siamo il giorno (lui) e la notte (io). Quando i primi anni cercavamo di diventare di più la notte (lui), e di più il giorno (io), le cose erano pesantissime. Come sempre del resto quando cerchiamo di cambiare gli altri o cambiare noi stessi e la nostra natura.
Poi ad un certo punto abbiamo smesso di cambiarci. Io sono diventata più “notte”, lui è diventato più “giorno”.
E in questo seguire la nostra natura senza più compromessi abbiamo scoperto che era stupendo incontrarsi all’alba e al tramonto. In quei momenti in cui spontaneamente la notte si fa giorno, e il giorno si fa notte.
Ecco, questo per noi ha significato iniziare a vivere davvero la relazione a modo nostro. Ed è stato magnifico.
Allora in questo momento mentre Alessandro è in aula e io sono seduta in riva al lago con i piedi incrociati, penso che è bello in questo istante essere solo sua moglie. Non la sua partner di lavoro, non la persona con cui si scorna per idee diverse, non quella che sa prima che parli quale sia la sua nuova idea di sviluppo. Ma quella che la sera quando avrà finito di lavorare, lo accoglierà con un abbraccio e gli chiederà come in un film anni ‘50:
“Ciao tesoro, come è andata la giornata?”
E anche se so non durerà per molto questa fase della nostra vita insieme, è stato bellissimo vivere quello che per la maggior parte della gente è normale. E’ stato bello lavorare per conto mio e fare altro mentre lui faceva il suo lavoro. E’ stato bello cucinare e aspettarlo. E’ stato bello davvero.
Non mi trasformerò improvvisamente nella perfetta casalinga con le pantofole abbinate al grembiule da cuoca (anche se l’immagine mi piace da impazzire, lo confesso). Ma non mi negherò questo momento in cui mi piace sperimentare questa fase della nostra vita di coppia.
Me la godrò così com’è.
Perchè vivere a modo nostro, per me, significa anche essere perfettamente ordinari, con una bella sensazione di quiete nell’animo. E so che vivere a modo nostro e a modo tuo, è la cosa più bella che ci si possa regalare nella vita.
Buon lunedì a tutti dalla vostra coach,
Chiara
PS: Condivi l’articolo se ti è piaciuto. Mandalo al tuo partner se in qualche modo ti ha fatto sorridere… potrebbe essere lo spunto per iniziare a vivere di più a modo vostro… con relax, divertimento, bellezza e libertà! A presto…
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